
Alzi la mano chi, affrontando una ristrutturazione, è giunto al termine dei lavori senza doversi incazzare come una scimmia urlatrice con uno tra muratore, idraulico, elettricista e falegname.
La mia nemesi è l'idraulico. Il ritardo del ritorno in città è, per buona parte, responsabilità sua.
Come molti nutro una malcelata insofferenza verso chi per due giornate di lavoro ti chiede in pagamento l'equivalente di una mensilità di stipendio. Insofferenza che porta a dire "echecacchio, lo faccio anch'io l'eletticista!" (poi però rimembro le mie difficoltà nel collegare la tv al decoder e al lettore dvd e tutto finisce lì).
Stavolta però tutto è suffragato dalla devastante incapacità dell'idraulico. Come definire altrimenti l'opera di un soggetto che per ben due volte, è riuscito a forare con il trapano le tubature che lui stesso aveva installato? E che dire della dichiarazione di conformità dell'impianto del gas che ha certificato e che poi si è rivelata falsa dal momento che il tecnico della Gesam verificò una perdita? E come tacere, tra le altre cose, del bidet montato a soli dieci centimetri dal muro rendendolo inutilizzabile a meno di non specializzarsi in acrobazie ginniche di rara difficoltà?
Oggi, al culmine di una mattinata non proprio tranquilla in ufficio, nel pieno del pranzo, l'idraulico mi chiama per chiedere il pagamento del saldo. Mai richiesta fu più inappropriata, e gli astanti del bar hanno assistito ad un mio rarissimo attacco d'ira. E' veramente spiacevole dover arrivare a tanto, davvero, ma non pagare è l'unica arma a disposizione per difendersi da questo idraulico, che come da barzelletta, non capisce un tubo. Ora ne abbiamo ingaggiato uno nuovo per rimediare ai danni del precedente. Al confronto sembra l'Einstein dell'idrualica. Nonostante tutto il ritorno in città si avvicina.
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